Quando Anna aveva quattordici anni, suo padre è stato arrestato e accusato di essere il capo occulto del terrorismo italiano, accuse da cui anni dopo è stato prosciolto. Dopo quattro anni di prigione e quindici di esilio, Toni Negri è diventato un pensatore di fama mondiale, e il suo arresto solo un capitolo di una vita fuori dal comune. Ma per Anna, questa storia ha lasciato un’impronta indelebile. Il film diventa così il racconto delle ferite di due generazioni, insieme intime e collettive.
“Toni, mio padre è un film molto personale, biografico e autobiografico, in cui il presente veneziano, girato da Stefano Savona, si intreccia con interviste, film di famiglia, fotografie e i miei filmati in Super8, girati dai sedici anni in poi. Questi materiali montati da Ilaria Fraioli e musicati da Giulia Tagliavia, raccontano una storia personale in cui ha fatto irruzione la Storia ufficiale, evocata attraverso repertori televisivi e testate giornalistiche. La sfida era raccontare una vita così stratificata, individuandone i tratti essenziali. Potevo finalmente cercare di capire quella mentalità rivoluzionaria del secolo scorso e porre domande sull’eticità della violenza o su come si attraversa una sconfitta. La nostra relazione, che costituisce un racconto in parallelo, forse più avvincente, è così diventata quel dispositivo narrativo che permette di fare emergere temi universali come il conflitto tra ideologia e vita e anche quello tra generazioni e generi”.