Un commando di camorristi irrompe in una sartoria sparando all'impazzata e uccidendo sei ragazzi di colore. Yssouf, giovane immigrato, decide così di chiudere i conti con suo zio, che lo ha convinto a venire in Italia con la promessa di un lavoro onesto e invece lo ha trasformato nel gestore di un giro di cocaina. Attorno a lui ruotano altre storie di altri immigrati, come la cantante Asetù e la prostituta Suad.
Dinamica e "motivazioni" della strage mi hanno colpito molto: l’idea di sparare contro delle persone senza minimamente tenere conto della loro identità, ma semplicemente perché africani, perché neri, con l’obiettivo di far pervenire un messaggio a dei trafficanti africani, è una cosa atroce, un punto di non ritorno. Ma in fondo mi è sembrata una versione estrema e paradossale di un atteggiamento che tutti abbiamo nei confronti degli immigrati, che è quello di individuarli semplicemente come massa, senza riconoscere all’interno di quella massa delle individualità. È il segno di un mancato progresso, di una barbarie che sta ritornando.